La pratica

 

La posizione di scrittura

Durante la scrittura il corpo deve essere il più libero possibile e deve partecipare interamente all’esecuzione; a tale scopo la posizione che si assume è molto importante.

Nella posizione seduta di scrittura il foglio, posto di fronte al calligrafo, deve trovarsi alla giusta altezza (poco al di sotto dell’ombelico) per evitare di dover sollevare eccessivamente il braccio che non deve appoggiare sul piano di scrittura.
Il busto deve stare eretto, ma non essere rigido, per favorire una regolare respirazione.

Quando si eseguono calligrafie su fogli di piccole o medie dimensioni in genere si lavora al tavolo, seduti per terra (in “seiza” o a gambe incrociate), su una sedia, oppure stando in piedi.

Le calligrafie di grandi dimensioni vengono generalmente eseguite stando in piedi con il foglio posato su un tavolo o sul pavimento; è soprattutto in queste occasioni che interviene un’intera partecipazione del corpo nel gesto esecutivo.

 

L’impugnatura del pennello

Il pennello va usato sempre in posizione verticale, badando costantemente al controllo della posizione della sua punta.
Secondo la tecnica tradizionale il manico va impugnato circa a 4 cm dall’attaccatura delle setole, o più in alto, con il pollice e l’indice contrapposti; quindi si posano il dito medio sotto l’indice e le altre due dita dalla parte del pollice.

Il pennello non va stretto in modo rigido, ma deve essere tenuto con fermezza per permettere all’intero corpo, tramite il braccio, di trasmettergli i propri impulsi. La mano libera va appoggiata sulla carta per situare esattamente la posizione del piano su cui si scrive e contribuire a modulare la pressione da imprimere alla punta del pennello.

I tratti: le “entrate” e le “uscite”

In calligrafia un singolo segno, o tratto, eseguito dal pennello è composto da tre parti o momenti esecutivi:

• un’entrata (ingresso) costituita dal momento in cui il pennello viene abbassato e entra in contatto con la carta; è l’operazione che determina il profilo che avrà l’inizio del tratto;
• uno sviluppo costituito dallo spostamento del pennello verso la direzione d’arrivo; con esso vengono definiti lo spessore del tratto, la sua regolarità, il dosaggio d’inchiostratura in relazione alla velocità esecutiva;
• un’uscita consistente nello staccarsi del pennello dalla carta (una sorta di entrata a rovescio) determina il profilo dell’estremità finale del tratto.

Grossomodo esistono due tipi di entrate e di uscite, quelle nascoste (o indirette) e quelle dirette.

Le prime sono volte a nascondere la traccia che lascia la punta del pennello quando tocca la carta e, nella forma di scrittura kaishu/kaisho kaisho, si eseguono appoggiandolo in direzione opposta a quella del tracciato che dovrà seguire il pennello (questo vale per le entrate, nel caso delle uscite l’operazione viene invertita).
Secondo la tecnica adottata ne conseguono dei profili arrotondati (usati nella forma di scrittura zhuan/tenshotensho ) o più angolati (nel kaishu/ kaisho kaishoe nel lishu/reishoreisho).

Le entrate dirette vengono invece applicate prevalentemente nelle forme di scrittura corsiva o corrente e lasciano una traccia abbastanza evidente della punta del pennello.

L’esecuzione delle varie parti di un carattere deve rispettare un preciso ordine compositivo, che in buona parte è determinato da motivi pratici legati al percorso che deve seguire il pennello nell’esecuzione.

Esistono diverse classificazioni dei tratti che compongono i caratteri; qui ne viene presentata una serie che li raggruppa in otto tipi fondamentali con le loro varianti, per un totale di 38 tratti suddivisi in:

punti (dian) (ce / soku) ,
tratti ascendenti da sinistra verso destra (tiao) (ce /saku)
tratti orizzontali (heng) (ce / roku)
tratti verticali (shu) (nu / do )
tratti obliqui che scendono curvi verso sinistra (pie) (lue/ryaku )

tratti obliqui che scendono ispessendosi verso destra e
   terminano affilandosi lungo l’orizzontale (na) (zhe/taku)

tratti uncinati (gou) (yo/ teki)

tratti spezzati (zhe).

Il carattere yong /naga(i) ei(eterno) è composto da tutti e otto i tratti fondamentali e sovente figura nei manuali per principianti.

Carattere Yong scritto dal monaco-calligrafo giapponese contemporaneo Tanaka Jomyō con uno stile personale e piuttosto libero nella forma di scrittura kaisho.

La copiatura e l’apprendimento della tecnica

L’arte di maneggiare il pennello è uno dei segreti della calligrafia; costituisce il sapere che si eredita dai propri maestri e verrà tramandato agli allievi. Non si tratta però di una conoscenza intellettuale, ma di una pratica costituita da un insieme di gesti e movimenti precisi.

Il primo esercizio con cui si confronta un principiante è la copiatura. Questa fase iniziale è fondamentale e serve a:
– apprendere la tecnica,
– prendere coscienza delle proprie caratteristiche,
– entrare nel ritmo esecutivo del modello, coglierne lo spirito per riprodurlo senza perdersi nell’imitazione.
L’esercizio di copiatura (rinsho rinsho) si differenzia in livelli progressivi:
keirin (keirin) copia esatta di tratti, spazi, proporzioni, ritmi, ecc;
hairin(hairin) copia a memoria, cercando di rispettare la forma esteriore e lo stile del modello;
irin (irin) copia finalizzata a rispettare le caratteristiche stilistiche di un modello piuttosto che la sua forma esteriore.
All’esercizio di copiatura rinshorinsho fa seguito uno stadio più avanzato e complesso che consiste nel:
(hōsho), l’ applicazione di uno stile con caratteri diversi da quelli del modello.

 

La scelta del testo

Che cosa si scrive in calligrafia? Una semplice parola, un aforisma, una breve riflessione personale, una poesia, un estratto da un testo classico, una preghiera, ecc. Ciò che maggiormente conta è la trasmissione dell’emozione del calligrafo, la sua interpretazione e la risultante traduzione formale del senso più profondo del testo adottato.

 

 

Testi di Bruno Riva

Sommario

Le forme della scrittura:

Antichi maestri:

Hannya shingyō: il Sutra del cuore

Shodō e Bonsai