La carta

Uno dei quattro tesori del Calligrafo: la carta.

 

La carta 紙 (Giapponese: Kami, Cinese: Zhi) usata nell’arte della calligrafia non è un semplice supporto amorfo su cui si stende l’inchiostro, ma è un importante elemento con cui si deve imparare a dialogare. È una materia che si potrebbe quasi definire “viva”, dotata di caratteristiche particolari. Bisogna conoscerne l’assorbenza, apprezzarne il colore, la consistenza e la texture per abbinarvi l’inchiostro più adatto. La sua superficie partecipa alla definizione dell’opera in modo determinante; basti considerare il fatto che costituisce tutto lo spazio non occupato dall’inchiostro e che quindi è la sua texture superficiale a corrispondere al “vuoto” che nasce dal “pieno” del tratto creato dallo scorrere del pennello. Anche se in molte occasioni prima di iniziare una calligrafia non si bada molto alle sue caratteristiche, dai primi tocchi di pennello ci si accorge quale sia la sua rispondenza e quali siano le sue qualità.

Un’adeguata scelta della carta è quindi molto importante per ottenere l’effetto calligrafico desiderato, ma anche per far sì che l’opera finita sia coerente con la circostanza per cui è stata eseguita.

Forse potrà risultare un po’ eccessivo includere tra i piaceri derivanti dalla pratica della calligrafia quello prodotto dal profumo dell’inchiostro, dall’ammirazione dell’armoniosa forma di un pennello, dalla delicata sensazione prodotta al tatto da una carta artigianale o ancora dalla vista della sua struttura osservata in controluce. Eppure anche questo può corrispondere a una forma di rispetto nei confronti della competenza dell’artigiano che li ha prodotti e del lavoro che esso ha “prestato”.

L’origine della carta risale in Cina a un’epoca non ben precisata, probabilmente coincidente con la fine degli Han occidentali  西漢 (Xi Han  206 a.C.-8 d.C.). Sembra che nel 105 d.C. Tsai Lun, ministro dell’agricoltura, per la sua fabbricazione suggerì l’uso del “china grass”, del gelso e del bambù. Solo nel corso del IV secolo però sarebbe stata applicata come supporto in calligrafia, per sostituire le tavolette di legno e le lamine di bambù.

La sua fabbricazione nei secoli seguenti passò in Corea e da lì venne esportata in Giappone. Nel 751 (?) la tecnica di produzione arrivò a Samarcanda tramite alcuni prigionieri cinesi e si diffuse rapidamente in tutta l’Asia Minore. Gli Arabi ne estesero la fabbricazione all’Africa del nord e ai loro possedimenti in Spagna dove, nel 1154 a Dativa, sorse una cartiera. Nel XIII secolo l’industria della carta giunse in Italia (Fabriano, 1276) e in gran parte dell’Europa.

Tra le qualità di carta più rinomate prodotte attualmente in Cina, vi sono le Xuanzhi (carta di Xuan) provenienti dalla regione di Xuanchen nel sud-est dell’Anhui, in particolare a Jingxian.

 

La carta in Giappone

La carta giapponese di produzione artigianale viene genericamente chiamata washi  和紙 . Secondo la tradizione la sua tecnica di produzione venne importata nel paese nel 610 dal monaco coreano Donchō. La sua diffusione fu rapida e fino all’epoca Muromachi (1392-1573) venne prodotta da piccole aziende familiari che ne elaborarono un grande numero di varietà, tramandandone l’arte della fabbricazione di generazione in generazione. Si calcola che già in epoca Nara (710-794) vi fossero almeno 200 tipi diversi di carta.

In epoca Heian (794-1192) si giunse alla piena maestria nella sua produzione, intensificandone le differenze nella texture, nell’assorbenza, nel colore, ecc.

Dal XII secolo l’aumento costante della richiesta per gli impieghi più disparati fece crescere ulteriormente la produzione e fece si che nelle diverse regioni ne vennero sviluppate delle varietà specifiche adatte a usi particolari: calligrafia, pittura, decorazione (lanterne), componenti architettoniche (shōji), stampa, suppellettili (ventagli, ombrelli), imballaggi, ecc.

Se in calligrafia prevalentemente vengono usate carte “bianche”, ne esistono anche di colorate, a tinte naturali diverse, o con l’inclusione di elementi vegetali (foglie e fiori secchi) e minerali (oro, mica, ecc.) adatte ad occasioni particolari. I procedimenti di fabbricazione di queste varietà sono gelosamente custodite dai loro produttori e spesso i loro prezzi raggiungono cifre considerevoli.

Attualmente la tradizione della washi  si perpetua soprattutto nei villaggi del nord dell’isola principale (Honshū) e nelle prefetture di Nagano, Ehime, Gifu, Fukuoka, Tottori, Yamanashi, Fukui, Kōchi, Saitama e Shimane.
Seguendo la tradizione, la washi viene prodotta con le fibre della corteccia di diversi alberi come ad esempio il gelso kōzo (carta Choshi 楮紙 ), il ganpi  (carta Hishi 斐紙 o Ganpishi 雁皮紙), il mayumi (carta Danshi 檀紙 ), il mitsumata (carta Mitsumatagami 三椏紙 , oppure con fibre di canapa asa (carta Mashi  麻紙 ) o fibre di riso (carta Warashi).

La corrente carta da calligrafia per esercizi, di fattura industriale, in Giappone viene generalmente prodotta con legno d’importazione (Canada e Siberia). Il suo costo naturalmente è molto inferiore rispetto a quello della carta artigianale, ma ciò vale anche per la sua qualità!


Kawamoto Sen 河元仙

 

Sommario

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Hannya shingyō: il Sutra del cuore

Shodō e Bonsai